Non spaventatevi per il titolo stiamo ancora parlando di modellismo !!

Oggi Roberto Donati ci parla di un ritrovamento fortuito e della sua notevole opera di restauro. Buona lettura.

Quello   di  Brook   Clifford   Stevens  è un nome che non ci dice niente, ma se avrete la pazienza di leggere, troverete che molte cose della nostra vita quotidiana sono a lui riconducibili. Il nostro soggetto nacque a Milwaukee il 7 .6. 1921. Non visse una  fanciullezza fortunata in quanto  colpito  dalla  poliomielite.  Nelle  lunghe  giornate  passate  a  letto si dilettava a disegnare, cosa che poi avrebbe fatto per tutta la vita.

Divenne infatti architetto ed aprì nella sua città uno studio di designer.

Da quel luogo uscirono i progetti delle cucine che rivoluzionarono il mondo dell’arredamento: le mitiche “cucine americane” tormento ed estasi delle nostre mamme, progetti di vagoni  passeggeri per le grandi linee statunitensi i così detti “ observation car”, quelle carrozze col balconcino nel retro per gustarsi il panorama. Persino il logo della birra Miller è figlio della sua matita, così come le linnee splendide delle Harley Davidson sono una suacreazione da cui la fabbrica mai si  sarebbe poi allontanata.

Nel 1962  venne attratto dallo studio stilistico delle automobili, cosa che fece egregiamente per la Studebaker che l’accortezza di metterlo sotto contratto. Dal suo ingegno uscirono la Hawk e la Lark.

Studebaker Hawk e Studebaker Lark

La sua idea era quella di creare beni che attirassero l’acquirente invogliandolo all’acquisto. Dovevano essere oggetti che precorrevano i tempi, belli ma anche funzionali, rivolti al più ampio pubblico possibile.

Per una piccola ditta americana dalla vita effimera, la  Kaiser Motor, progettò una macchina da competizione che ebbe buoni successi in pista: La Excalibu.

Nel 1963 Brook decide di mettersi in proprio nel campo automobilistico, insieme al figlio, mentre ancora era sotto contratto con la Studebaker.

Pensava di produrre auto da usare nelle cerimonie; Avete presente gli sposi che arrivano con quelle macchinone da  sceicco tra gli applausi di cugini avoli ed arcavoli e delle vicine di casa in minigonna? Quelle vetture che finita la cerimonia vengono restituite mentre gli sposi partono  con una Prinz a metano direzione Rosolina Mare? Proprio loro.

Le sue auto erano copie “americanizzate” delle Bugatti e soprattutto della Mercedes SSK. La ditta viene chiamata Excalibur come la macchina da lui progettata precedentemente e come la mitica spada di king Arthur.

La Excalibur di Brook

Erano auto in vetroresina con motori potentissimi, generalmente Chevrolet,  scarichi cromati, colori vivaci trombe da vaccaro texano. Si ricavarono però uno spazio nel mercato, ed anche oggi che la ditta non esiste più queste auto vengono tuttora usate per matrimoni, addii al celibato compleanni ecc….

L’ Excalibur chiuse i battenti nel 1989 e il suo creatore chiuse la sua esistenza  nel ‘95 la dove era nato.

 

IL CADAVERE NELLA VALIGIA !

Un giorno ero in campagna da mio figlio e nel magazzino trovai una vecchia valigia dei miei genitori: la ricordavo bene, colma di vestiti quando partivamo per la montagna. Si di essa era stato appoggiato di tutto, tra cui altre valigie, una scatola piena di fumetti ed una una macchina da scrivere enorme, la prima che comprai per il mio ufficio.

Recuperai la mia vecchia valigia portandola a casa e, quando la aprii per pulirla vi trovai ……un modello. La cosa ancora più strana era che era mio, chissà di chi era e come diavolo era finito li dentro.

Comunquie definirlo un rottame era eufemistico, molti pezzi erano mancanti, molti rotti, c’era persino il buco di un cicca su un parafango, mentre le ruote in vera gomma cava erano squarciate.

La marca  era Midori, una ditta minore Giapponese, ed il modello una Excalibur. Con il modello della Bandai, molto simile anche se  diversa, rappresentava l’omaggio modellistico alla fabbrica americana. Non avrei comprato il modello nemmeno sotto tortura, ma così mi faceva pena sembrava chiedesse aiuto….. era distrutto ma respirava ancora.

La cosa più logica da fare era raccogliere i rottami e pattumarli. Ma mi piace da matti ridare una  parvenza di vita alle cose ormai morte o moribonde. Insomma mi sentivo il Dr. Frankenstein del modellismo.

Come prima cosa mi sono liberato di tutto ciò che era legato alla presenza delle pile, di cui erano dotati tutti modelli giapponesi di un tempo. Servivano per far funzionare luci o motorini elettrici: Una vera fetecchia.

Poi è iniziata la ricostruzione e la ricerca dei pezzi mancanti: le balestre, paraurti,  fanali anteriori, fanalini segnalatori, uno degli scarichi, parte del volante, vetri laterali, tergicristallo, parte del radiatore, sostegni dei parafanghi, leva del cambio,  cinghie del cofano,  mascotte con la spada,  sostegni le vetro anteriore….. e pezzettini  vari. I pezzi presenti erano in buona parte rotti o mancanti di parti sbriciolate. Qualcosa ho raccolto sul fondo della valigia ma non sempre erano pezzetti riconoscibili. Per fortuna il misterioso ex proprietario non l’ aveva verniciata, accontentandosi dei vari colori previsti dalla  Midori.

Non l’ avrei fatta nero opaco e rosso scuro ma i rattoppi erano talmente tanti che era meglio mascherare il più possibile……. come diceva Plutarco “ quando le candele sono spente tutte le donne sono belle”. Ecco il risultato finale: