Nella vetrina passante tra il chiostro della Chiesa e il poggio vi è uno dei modelli più coinvolgenti: La mazzolatura dei congiurati. 

Il modello è tratto da una miniatura dell’epoca. L’arte della miniatura, giova ricordarlo, rappresenta storicamente una delle più importanti    espressioni creative ferraresi.

Sul patibolo il primo dei condannati è già stato giustiziato e tagliato in quattro parti, mentre l’altro sta per essere “coppato”. I frati della buona morte, i tetri battuti neri, stanno accompagnando un terzo condannato.

L’episodio qui rappresentato avvenne il 25 gennaio del 1505.  Alfonso D’Este stava andando a giurare per prendere le redini del governo    Estense, dopo la morte del padre Ercole, accompagnato dal fratello cardinale Ippolito.

Ferrante, fratello più giovane ed ambizioso di Alfonso, ambiva al    posto che stava per essere del fratello e, per raggiungere lo scopo mise insieme un improbabile gruppo di sicari che comprendeva l’altro    fratello Giulio, qualche mercenario ed una serie di altri malviventi di varia estrazione.

Ippolito scoprì subito la trama che fallì miseramente. Il successivo processo vide la condanna capitale per gli estranei alla famiglia e la condanna  a vita nelle carceri del castello per Giulio e Ferrante.

Nel 1540 Ferrante morì ed invece Giulio fu graziato dopo 53 anni di carcere. Ci narrano le cronache del tempo, che quando uscì dalle    carceri questo ottantaduenne con gli stessi vestiti che indossava    quando vi entrò, la gente di Ferrara fu molto incuriosita da questo soggetto con vesti così…..fuori moda.

Vicino alla pittura murale rappresentante un poggio che guarda una valle ridente, potete vedere invece un tratto delle mura di Ferrara, opera di Biagio Rossetti non facilmente identificabili oggi poiché in        origine le stesse erano intonacate di bianco ed ornate da merlatura

Quelle rappresentate nel diorama si trovano oggi nella zona del Parco Urbano e comprendono quella che erroneamente viene indicata come “La Casa del Boia” che, in effetti, era solo una delle torri di guardia della cinta muraria.

Al centro della sala uno dei modelli più grandi realizzati dai soci del museo .Si tratta delle mura trecentesche Estensi, quelle che non esistono più essendo state sostituite da quelle di Biagio Rossetti. La zona rappresentata corrisponde all‘attuale porta S. Pietro. 

Questa realizzazione può senz’altro essere definita  la nostra “opera del duomo”. I mattoni che vedete, ad esempio,  sono stati posizionati uno ad uno. I lavori sono iniziati più di trent’anni orsono e non ancora terminati in quanto, periodicamente, vengono aggiunti nuovi particolari.

Al centro del chiostro, col caratteristico soffitto che richiama il periodo medievale e gli stemmi della signoria Estense, potete ammirare un diorama che riproduce la Garitta di vedetta settecentesca, tuttora visibile nel Baluardo di S. Giorgio a Ferrara, all’imbocco di Via Marco Polo.

Il diorama che state potete ammirare alle spalle del precedente  riproduce un episodio della battuta di caccia del 25 Aprile 1494 e mostra il Duca Ercole d’Este che, durante una pausa, parla con il capo dei balestrieri della sua guardia personale, Guizzardo Riminaldo.

Alla fine del 1400, i signori dominanti su di un territorio  conferivano alla caccia  a cui, spesso invitavano anche ospiti illustri, una valenza politica dettata dalla necessità di mantenere o costruire, alleanze politiche. I Gonzaga furono, naturalmente, tra i più presenti alla pratica venatoria organizzata dagli Estensi. L’invitare ospiti prestigiosi a caccia, divenne anche un modo per mostrare la propria autorità sul territorio e sui propri sudditi.

Alla fine del Quattrocento, con il ritorno dei francesi in Italia, in quel Ducato di Milano con cui gli Estensi avevano stretto rapporti nel corso del secolo, ma dal quale Ercole d’Este non voleva ostacoli nelle sue buone relazioni con il sovrano francese, la caccia servì a sancire una sorta di patto con quest’ultimo.

Il 24 aprile 1294, arrivò a Ferrara tale  Monsignor Bonino, ambasciatore del Re di Francia, accolto dal duca Ercole, con tutta la sua corte al seguito.

Dal Diaro Ferrarese, di autori incerti

…..A dì XXIV de Aprile MCCCCLXXXXN (1494)

vene Monsignore Bonino, Baron de la Malestà del Re de Franza, vene a Ferrara con 70 cavali per ambasatore de la prefata Malestà con tri altri sinori franxesi. A Il quali ge andò incontra con tuta la Corte lo illustrissimo Duca Hercole da Este et lo accompagnò con trombe insino nel Palazzo de Schivanolgia………..

il nostro illustrissimo Duca Hercole da Este con dicto ambasadore se partino da Ferrara et andorno in te lo Barco a vedare la cacia con il lionpardi, poi andorno a solazo a Ferrara…….

Il “Barco” a cui si fa riferimento è l’ampio parco che circondava la Delizia Estense di Belfiore, oggi scomparsa.

Durante il governo di Ercole I d’Este  la struttura subì notevoli trasformazioni ed il territorio attorno alla residenza venne notevolmente ampliato, a scapito della popolazione che vide espropriarsi le proprie abitazioni, con la costruzione di un’ampia riserva di caccia destinata ad ospitare anche fiere selvatiche come leoni o leopardi

Questo ampio parco – il Barco –, venne delimitato da una muraglia e ospitò al suo interno, vicino alla residenza del duca, anche un ampio orto e terre arative, nonché edifici destinati ad abitazioni per chi lavorava gli spazi coltivabili. Fu in questo nel grande bosco, che si estendeva fino quasi alle rive del Po, che i signori estensi conducevano le loro cacce in compagnia dei loro ospiti.

Nella vetrina passante potete ammirare una curiosità storica: il diora

ma della visita di papa Giovanni XXIII a Ferrara.

Non si tratta del celeberrimo Papa Roncalli, bensì dell’antipapa Baldassarre Cossa, eletto in un tempo in cui tra avignonesi, romani ed   antipapi c’era un grande sovraffollamento di successori di Pietro.

L’opera rappresenta, come detto, la visita a Ferrara di Giovanni XXIII, avvenuta il 18 Febbraio 1414 su invito di Nicolò D’Este, suo grande sostenitore, che condusse personalmente, insieme ad Uguccione dei Contrari, la mula che portava il pontefice dal Monastero di S. Antonio in Polesine, lungo la via dei Sabbioni (ora Via Porta S. Pietro, Via   Saraceno, Via Mazzini) fino al Duomo (Vescovado). Dati i tempi, l’evento non suscito grande interesse nel popolo, come l’autore del diorama ha fatto ironicamente risaltare riproducendo ben pochi dei ferraresi di allora, peraltro con sguardo stupito

Le due sale, il chiostro medioevale ed il poggio, hanno sulle pareti una lunga teoria di vetrine che ospitano una delle più grandi collezioni di figurini militari attualmente visibili al pubblico. La collezione occupa tutte le epoche storiche a partire dall’impero romano fino alle vicende belliche del XX secolo, spaziando per tutte le regioni, dall’Europa alle Americhe per giungere infine al lontano Oriente.

I pezzi esposti vanno da quelli particolarmente raffinati fino a quelli detti “toys”, cioè legati più al gioco dei ragazzini che alla collezione  degli appassionati. Dietro ad ogni modello vi è comunque, sempre, una ricerca storica che ne suggella la fedeltà di riproduzione.